Vino e vendemmia: una storia millenaria
Archeologia, Memoria, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, FMSlurp
Settembre, nel mondo del vino, è per eccellenza il mese della vendemmia. Ma la raccolta dell’uva non rappresenta solamente il culmine del ciclo di lavoro in vigna, quanto un evento che porta con sé un significato molto più profondo…
“Il vino prepara i cuori alla passione, li fa più pronti: sfumano i pensieri, nel molto vino ogni pena si stempera”
(Publio Ovidio Nasone)
Poche regioni al mondo sono così strettamente legate alle proprie tradizioni vitivinicole come lo è la Toscana. Tradizioni che si sono tramandate per generazioni e che risalgono al tempo in cui gli Etruschi coltivavano la vite in queste ricche terre. Nella cultura etrusca e in quella romana, d’altronde, il vino ebbe un’importanza cruciale ed era impiegato, oltre che nelle cerimonie rituali, anche nella medicina e nei sontuosi banchetti. Come tutto quello prodotto e bevuto nell’antichità, il vino era però molto diverso da quello moderno e risultava denso, fortemente aromatico ed alcolico.
Durante i banchetti il vino, servito a tavola in brocche metalliche o in ceramica, veniva sempre diluito con acqua. Consumarlo puro, infatti, era considerato un’usanza poco elegante, o addirittura barbara; tuttavia, doveva essere anche la sua altissima gradazione alcolica a non renderlo apprezzato. Nel corso dei banchetti il vino era inoltre arricchito con miele, spezie o formaggio grattugiato… ottimi “trucchi” per mascherare i difetti della fermentazione.
Un rito che affonda le sue radici in una storia millenaria
Settembre, nel mondo del vino, è per eccellenza il mese della vendemmia. Ma la raccolta dell’uva non rappresenta solamente il culmine del ciclo di lavoro in vigna: è, piuttosto, un evento che porta con sé un significato molto più profondo. Si tratta, infatti, di un rito che affonda le sue radici nelle antiche tradizioni contadine e che ha sempre rappresentato importante momento di scambio culturale e di condivisione sociale. Anche in passato era un momento dell’anno ricco di magia e, nel calendario romano, il periodo della raccolta dell’uva era scandito da feste che segnavano l’inizio e la fine del periodo di preparazione del vino novello.
Le feste
Il 19 agosto si festeggiavano le Vinalia Rustica, dedicate alla protezione dei grappoli che stavano maturando sulle viti. I riti propiziatori servivano per allontanare gli eventi avversi che avrebbero potuto compromettere la vendemmia di settembre: il massimo sacerdote di Giove sacrificava un agnello per avere un raccolto abbondante e per allontanare i temporali, poi tagliava un grappolo d’uva matura e ne spremeva il succo tra le mani, offrendolo come primizia al sommo Giove.
L’11 di ottobre, invece, quando ormai l’autunno era arrivato, si celebravano le Meditrinalia, le feste di conclusione del periodo della raccolta dell’uva. Il vino nuovo (che in ottobre è ancora mosto) in questo giorno veniva mescolato col vino vecchio: dato che il mosto spremuto da poco possedeva un basso grado alcolico, l’aggiunta di quello dell’anno precedente ne aumentava il grado ed evitava che il vino nuovo andasse a male durante i lunghi mesi che doveva passare nei dolia, ovvero i grandi orci di terracotta. La miscelazione del vino, comunque, non doveva solo preservare le sue qualità: la libagione di una miscela di vino nuovo con quella dell’anno precedente, infatti, era vista come un presagio positivo per il futuro.
Intorno al 23 aprile, infine, si tenevano le Vinalia Priora, in cui il vino nuovo si spillava dai dolia e si beveva in abbondanza per la prima volta, offrendone anche a Giove.
[in copertina: Vino nel Chianti Etrusco, Museo Archeologico del Chianti Senese, Castellina in Chianti]