Ranuccio Bianchi Bandinelli: l’occhio dell’archeologo senese
Archeologia, FMStudies

Ranuccio Bianchi Bandinelli è stato uno dei più significativi intellettuali italiani del Novecento. Un “occhio”, il suo, che ha saputo scavare materialmente e intellettualmente, guardando alle radici antiche della nostra comunità e contribuendo a rafforzarne il senso di orgogliosa appartenenza. Con la sua storia si apre #FMStudies, una nuova rubrica dedicata agli studiosi che hanno fatto grandi le terre di Siena.
Ranuccio Bianchi Bandinelli nasce a Siena il 19 febbraio del 1900, dalla nobile famiglia dei conti Bianchi Bandinelli Paparoni, a cui appartenne anche Papa Alessandro III.
Dopo la laurea in archeologia a Roma nel 1923, inizia la sua lunga carriera di insegnamento di archeologia e arte antica in varie città italiane, che subisce una battuta di arresto solo negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Convinto sostenitore della Resistenza, nel 1943 lascia infatti la cattedra a Firenze per non servire la Repubblica di Salò e viene arrestato dai nazifascisti l’anno successivo.
Reintegrato dopo la fine del conflitto, nel 1945 accetta il ruolo di direttore generale delle Antichità e Belle Arti, promuovendo la ricostruzione dei monumenti danneggiati dalla guerra e la tutela dei beni culturali che per lui rappresentano il vero patrimonio italiano.
Bianchi Bandinelli: padre dell’archeologia
“Sono persuaso che l’unico modo di salvare il patrimonio di cultura e di civiltà che oggi è diviso tra pochi e che i molti, non intendendolo, potrebbero distruggere, sia di rendere tale patrimonio accessibile a tutti, di farlo penetrare nella coscienza della collettività. L’opera più utile e più alta da comprendere oggi è la elevazione spirituale e culturale delle masse. Ma prima occorre che queste masse non abbiano fame. I bisogni fondamentali dell’uomo sono il cibarsi e il filosofare; ma il secondo presuppone la soddisfazione del primo”.
Così scrive negli anni dell’immediato Dopoguerra, con un Paese che esce povero e dilaniato dal conflitto e che ha necessità primarie, ma che può trovare nel suo patrimonio culturale e nelle sue ricchezze storiche una base solida dalla quale ripartire.
Ranuccio Bianchi Bandinelli è stato soprattutto uno dei più significativi intellettuali italiani del Novecento. All’attività di studio ha infatti sempre associato un diretto impegno civile e militante, nell’amministrazione dei beni culturali e nella diretta partecipazione politica. Una personalità multiforme e curiosa del mondo: ovunque si sia applicato, dagli studi teorici alla politica, ha lasciato eredità importanti e tutt’oggi fondamentali.

Autoritratto 1921, carboncino rialzato a biacca e matita rossa (collezione RBB)
Il rapporto con Siena
Un personaggio europeo e cosmopolita che ha sempre avuto con la sua città natale un rapporto contraddittorio.
Siena, in qualche modo, gli è sempre stata stretta. Nel suo “Dal diario di un borghese”, l’11 dicembre 1928 scrive: “Qui ogni proposta che scavalchi le mura cittadine, gloriosamente intatte, e ogni studio che non si serva di documenti su cartapecora, sono avversati o incompresi. Qui la storia del mondo si è fermata al 1555, dopo aver avuto il suo massimo splendore nel 1260“.
Bianchi Bandinelli lasciò quasi subito Siena per seguire la propria carriera e le proprie passioni, ma è qui che tornerà sempre, ed è alla città natale che ha dedicato parte dei suoi studi e la sua intelligenza di uomo politico.
Alla sua attività e incredibile lungimiranza si deve infatti la nascita del Museo Archeologico di Siena, negli anni Venti e Trenta del Novecento. Fin dal 1927, quando era direttore del Museo Numismatico dell’Accademia dei Fisiocritici, aveva richiamato l’attenzione sulla necessità impellente di raccogliere insieme i materiali archeologici del senese conservati presso l’Accademia stessa e la Biblioteca Comunale.
Il giovane Ranuccio fu dapprima incaricato di schedare tutto il materiale archeologico esistente in città e poi di organizzare il nascente museo, mentre Antonio Minto, Soprintendente alle Antichità dell’Etruria, e Fabio Bargagli Petrucci, eletto a podestà della città nel 1926, interagirono attivamente per la sua realizzazione.
L’occhio dell’archeologo
È proprio agli anni giovanili, in cui emerge ed affascina la disposizione intellettuale con cui Bianchi Bandinelli guarda a Siena, al suo microcosmo culturale e ai suoi spazi fisici, che è dedicato “L’Occhio dell’Archeologo” il catalogo della mostra su Ranuccio Bianchi Bandinelli nella Siena del primo Novecento (2009).
Un “occhio” quello di Ranuccio, da cui osservare la percezione di Siena da parte di un giovane intellettuale che si sentirà sempre attratto, e al contempo respinto, da una città complessa e affascinante. Un “occhio” che ha saputo scavare materialmente e intellettualmente, guardando alle radici antiche della nostra comunità e contribuendo a rafforzarne il senso di orgogliosa appartenenza. Alla sua memoria è dedicato il Museo Archeologico di Colle Val d’Elsa.
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