Nella “schiacciata” di Pasqua tutta la storia della società contadina
Memoria, Buonconvento, FMSlurp

La società contadina e mezzadrile contemplava pochissimi giorni di festa che venivano celebrati con particolare abbondanza di cibi: tra questi c’era la Pasqua, dove le uova erano protagoniste. Non potendole mangiare durante la Quaresima, infatti, le uova si ammassavano in cucina…
In cucina funziona come nelle più belle opere d’arte: non si sa niente di un piatto fintanto che si ignora l’intenzione che l’ha fatto nascere.
(Daniel Pennac)
La società contadina e mezzadrile contemplava pochi giorni di festa nel corso dell’anno e pochissimi erano quelli che si celebravano con particolare abbondanza di cibi. Se si escludono i pranzi della mietitura, della trebbiatura e della vendemmia che vedevano la presenza di numerosi convitati non appartenenti alla famiglia e che richiedevano un menù più abbondante, le feste in cui si mangiava in modo molto più ricco del solito erano il Natale, il martedì grasso e la Pasqua, le cui grandi protagoniste erano le uova.
Dopo il lungo riposo invernale infatti, le galline deponevano le uova più intensamente che nel resto dell’anno. Ma fino ad un secolo fa, in tempo di Quaresima non bisognava astenersi solo dal mangiare carne, ma era proibito anche l’uso di latticini e uova: come si potevano dunque utilizzare tutte le uova che si ammucchiavano nelle dispense in quei quaranta giorni e che rischiavano di non essere consumate?
Il profumo della “schiacciata” di Pasqua
Impastando una profumatissima “schiacciata” di Pasqua, un dolce ricco di fragranze intense come l’anice e l’arancio e che con il suo aroma inconfondibile ci riporta nella cucina delle nostre nonne. Alta e soffice, il suo nome non ricorda l’aspetto ma le tante uova che dovevano essere “schiacciate” per realizzarla. La schiacciata di Pasqua ha bisogno di una lunga lievitazione e proprio lì sta il segreto: nelle case fredde, come erano i poderi dei contadini, si usava metterle a lievitare sotto al letto proprio quando lo scaldaletto era acceso, per cercare il calore necessario. Durante la Settimana Santa, la massaia si dedicava alla preparazione di questo dolce: era una delle rare occasioni in cui il forno dell’aia veniva riscaldato per cuocere cibi diversi dal pane.
La ricetta
Oltre che con grande abbondanza di uova, la schiacciata si prepara con farina, zucchero, lievito di birra, strutto, semi d’anice, succo e scorza di arance e, nella ricetta originale, anche vin santo e rosolio di menta. Era un dolce fatto per durare a lungo e, quando diventava un po’ più asciutta, si inzuppava nel vino dolce o si mangiava per colazione. In molti paesi della provincia di Siena c’è ancora l’antica tradizione di arricchire la superficie della schiacciata con un insieme di raggi, per ricordare il “Sole Raggiante” emblema di San Bernardino.
La memoria del territorio
Nella cucina del Museo della Mezzadria di Buonconvento sembra ancora di percepire l’energia e il vigore sapiente delle donne di casa, che con le loro mani impastavano e amalgamavano il profumato composto. D’altronde, è proprio questa una delle vocazioni di quel museo: documentare e far rivivere un mondo rurale ormai scomparso che ha caratterizzato, fino agli anni Sessanta, il paesaggio e la società toscane.
[credit: in alto, la schiacciata di Pasqua; qui sotto la cucina nel Museo della Mezzadria Senese, a Buonconvento]