La scrittura: una storia etrusca (che passa da Chiusi)
Archeologia, Chiusi

La scrittura? È in tutto e per tutto una storia… etrusca! Vale la pena ricordarlo in queste settimane in cui migliaia di ragazzi e ragazze tornano sui banchi, mentre i più piccoli si affacciano al mondo della lettura e della scrittura. La necessità di esprimere il proprio pensiero, condividerlo per iscritto e comprendere quanto gli altri ci comunicano è, d’altronde, una delle prime condizioni per imparare a leggere e scrivere. Ed è sempre stata questa necessità che ha portato a coltivare e sviluppare, già in epoca antica, la scrittura come mezzo di comunicazione ed espressione.
L’influenza del greco
Gli Etruschi furono la prima popolazione dell’Italia ad adottare un sistema di scrittura basato su un alfabeto che derivava da alcune varianti dell’alfabeto greco. Si ipotizza che abbiano conosciuto la scrittura alfabetica grazie ai contatti commerciali con i coloni greci provenienti dall’Eubea che si erano stabiliti in Campania: molte delle ceramiche che gli Etruschi acquistavano da questi coloni, infatti, presentavano iscrizioni. In una prima fase, però, gli Etruschi si limitarono a copiare le lettere dell’alfabeto greco come semplice elemento decorativo.
I primi “scrittori”
A partire dalla metà circa del VII secolo a.C. o poco prima, invece, conclusa la fase di “rodaggio” della scrittura, gli scribi etruschi iniziarono a modificare alcune norme ed elaborare caratteristiche autonome rispetto alla scrittura greca. Anche se la lingua è, in sé, perfettamente leggibile e il numero di iscrizioni giunte fino a noi molto abbondante (circa 10 mila!), la maggior parte riguarda l’ambito funerario e rituale. Si tratta, dunque, di iscrizioni dal contenuto ripetitivo in cui si ricordano semplicemente i nomi di persone, proprietari di oggetti o defunti e dove per parecchi vocaboli manca la possibilità di un confronto con parole note appartenenti ad altre lingue.
E la punteggiatura..?
Grazie a preziosi documenti come le tavole d’oro affisse sul tempio di Pyrgi, la sentenza incisa sul Cippo di Perugia, le celebrazioni prescritte sulla Tegola di Capua e la Tavola di Cortona, sappiamo che la direzione di lettura era da destra a sinistra. Inoltre, nelle iscrizioni delle fasi più arcaiche mancava la punteggiatura, introdotta dalla metà del VI secolo a.C. insieme allo spazio tra le parole. Ad accomunare la lingua etrusca a quella greca erano il numero di vocali (quattro) e alcune consonanti, come l’“H”: per esempio, il nome di Ercole, che in greco è Herakles, in etrusco è Hercle (in latino sarà Hercules). Nel corso dei secoli vennero invece eliminate le lettere “B” e “D” e “O” derivanti dal greco, in quanto non avevano suoni corrispondenti nella lingua parlata e alcuni segni subirono leggere modifiche.
L’anagrafe etrusca
A Chiusi, considerata dalle fonti latine una delle prime e più importanti città etrusche della storia, è possibile immergersi in una vera a propria “anagrafe” dell’antichità, con la storia delle famiglie e dei loro legami parentali che si snodano attraverso la lettura delle iscrizioni che ci hanno lasciato sulle loro tombe: la sezione “Epigrafica” del Museo Civico “La città sotterranea”, è l’unica sezione museale in Italia interamente dedicata all’epigrafia etrusca, con 500 iscrizioni su urne cinerarie e tegole tombali, databili tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I secolo a.C.
[credit: In copertina, Coperchio di urna con iscrizione bilingue di Vel Venzile Alfnalisle/Caius Vensius (fine I secolo a.C.), Chiusi – Museo Civico “La Città sotterranea”; qui sotto la sezione epigrafica del Museo]