Dante illustrato da Bastianini: Casole d’Elsa rende omaggio al Sommo Poeta
Arte, Casole d'Elsa
“..ed ecco del profondo de la testa
volse a me li occhi un’ombra e guardò fiso;
poi gridò forte: “Qual grazia m’è questa?”(Purgatorio, XXIII, 40-42)
Con questa espressione di gioia e meraviglia si rivolge a Dante uno degli spiriti espianti che si aggira nella VI cornice del Purgatorio, riservata ai golosi. Dante non lo avrebbe mai riconosciuto dall’aspetto, ma la voce gli fa capire subito che quel penitente, benché irriconoscibile, è l’amico Forese Donati: l’estrema magrezza delle anime è dovuta al continuo desiderio di acqua e cibo che rimane, però, sempre inappagato ed è la punizione a cui sono sottoposti i golosi in Purgatorio.
L’incontro con Forese Donati
Il dialogo tra Dante e Forese è illustrato dall’artista di origine casolese Augusto Bastianini con incredibile aderenza al testo della Commedia. L’opera, infatti, raffigura una folla di anime patite e scarne che camminano veloci desiderando gli inarrivabili frutti dell’albero a cui tendono la mano. Virgilio e Stazio precedono di poco Dante che, sorpreso, si ferma a parlare con l’amico Forese, reso appunto irriconoscibile dalla pena del digiuno. I suoi occhi sono sprofondati nelle orbite e il suo scheletro si intravede sotto un sottile velo di pelle. La crudezza delle figurazioni, l’ambientazione e i forti contrasti chiaroscurali restituiscono tutta l’ansia e l’inquietudine evocata dai versi danteschi che aprono il canto.
“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”: la profezia di Cacciaguida
Bastianini illustrò interamente anche il XVI canto del Paradiso, considerato dalla critica tra i più importanti di tutto il poema: qui, infatti, Dante dialoga con l’anima del trisavolo Cacciaguida, raffigurata stante e in controluce, che si trova nel cielo di Marte tra gli spiriti militanti per la fede e compie con lui un excursus sulla Firenze antica. In questo episodio – che ricorda l’incontro di Enea con il padre Anchise nei campi Elisi narrato nel VI libro dell’Eneide – l’avo scioglie tutti i dubbi del poeta riguardo le profezie che gli erano state vaticinate nelle cantiche precedenti: in due terzine molto intense, infatti, predice il suo esilio da Firenze che avverrà a causa delle lotte politiche tra Guelfi Neri e Guelfi Bianchi. Questa illustrazioni sono il cuore della mostra “Qual grazia m’è questa”. Le tavole di Augusto Bastianini per la Divina Commedia nuovamente illustrata da artisti italiani, Firenze, Fratelli Alinari, 1902 -1903”, recentemente inaugurata nelle sale del Museo Civico archeologico e della collegiata di Casole d’Elsa per celebrare i 700 anni dalla nascita di Dante Alighieri e i 25 anni dall’apertura del Museo.
Le origini di una mostra
Nel maggio del 1900 il fotografo Vittorio Alinari bandì un concorso rivolto agli artisti italiani per la realizzazione di un corredo di illustrazioni per una nuova edizione della Divina Commedia, iniziativa che si inseriva in una serie di eventi che la Società Dantesca Italiana aveva promosso in occasione del sesto centenario dall’elezione di Dante Alighieri a Priore delle Arti. Questo suo lodevole progetto editoriale, oltre a invitare gli artisti italiani contemporanei a misurarsi con il poema, voleva essere anche un incentivo a sviluppare maggiori relazioni tra pittura e fotografia, dato che l’opera sarebbe stata riprodotta nel volume attraverso un innovativo processo fotomeccanico. Il primo premio fu assegnato al pittore Alberto Zardo ma, nel 1903, fu completata la monumentale edizione con il contributo dei principali protagonisti della cultura artistica del momento: tra questi figurava anche Augusto Bastianini, ricordato ancora oggi come una delle personalità più influenti del panorama pittorico toscano di fine Ottocento e inizio Novecento.
[credit: Augusto Bastanini, canto XXIII Purgatorio, l’incontro con Forese Donati]