Pietà
M'ama, non m'ama, Arte, Siena

M’ama, mon m’ama. Una nuova lettera d’amore per le opere dei musei senesi.
Tra i vari quadri, le varie sculture e le varie immagini il mio sguardo è caduto proprio su di te “La Pietà”.
Nel vederti piegata su tuo figlio morto ingiustamente per mano d’uomo, mi sono soffermata allo sguardo d’amore per la persona alla quale tu hai dato la vita, e con lo stesso amore l’hai posizionata sulle tue ginocchia e gli dai l’addio.
In questo momento la tua immagine è molto attuale: quante mamme stanno piangendo per i propri figli, non necessariamente morti ma che stanno vivendo periodi molto cruenti e che hanno molte difficoltà nell’affrontare la vita quotidiana?
Anch’io come figlia vorrei avere in questo momento una mamma che, nelle mie difficoltà giornaliere, abbia per me uno sguardo con quell’espressione amorevole per dirmi: “se potessi farei di tutto per toglierti le angosce che ti opprimono e ti starò accanto in ogni momento per darti la forza di andare avanti“.
Tu Maria madre di Gesù sei l’icona dell’amore, l’amore vero, l’amore di chi dona senza chiedere nulla in cambio, l’amore di chi sa accettare anche il dolore della morte di un figlio. Quante madri e quanti padri in questo momento portano sulle loro ginocchia ciò che resta dei figli che stanno morendo o che sono morti per le guerre, per la fame, per l’egoismo, per l’indifferenza e per la delinquenza che stanno degenerando e di cui il mondo oggi è prigioniero.
Io non sono mamma ma vedendoti piegata su tuo figlio ricordo lo sguardo di mio padre che pur avendo vari mali incurabili che lo affliggevano nel fisico, ma non nel CUORE, nei momenti in cui anch’io ero quasi morta, sia con il corpo che nell’anima, era sempre pronto ad abbracciarmi trasmettendomi il suo AMORE per la vita e questo mi ha salvata donandomi la voglia di provare a vivere il SUO SOGNO: “amare per poter vivere per sempre nel cuore dell’altro”.
In preda alla disperazione di cui il mondo oggi soffre, ossia la totale indifferenza verso l’altro e la cecità verso tutto ciò che di atroce ci circonda, l’arma che abbiamo per poter combattere e vincere questa battaglia è l’AMORE che tu Maria emani.
In questo momento ci servirebbe urgentemente sia il tuo amore di mamma che quello avuto da tuo figlio morendo in croce per l’umanità.
Ma forse neanche questo riuscirebbe a fare breccia nel cuore di chi sta abusando dell’uomo più debole e solo.
Guardando il tuo volto chino su Gesù e scoprendo cosa celi nello sguardo l’umanità forse verrebbe folgorata da ciò che emana, permettendogli di fare un piccolo gesto: mettersi sulle proprie ginocchia i corpi martoriati di quelle persone che in questo momento stanno morendo e soffrendo e forse per un solo istante, immedesimandosi in loro riuscirebbero a capire il dolore che stanno provando. Forse così i loro occhi e il loro cuore si aprirebbero all’amore trovandone il vero significato: lottare per il bene dell’intera umanità, dimenticando il proprio egoismo e la propria atroce sete di potere sull’altro.
E finalmente il tuo sguardo e la morte di tuo figlio raggiungeranno lo scopo che lo stesso scultore avrebbe voluto: mandare un messaggio d’amore anche nella morte.
Empathy forever
La risposta
Può esserci dolore più profondo di quello di una madre davanti al figlio morto? Tu che mi scrivi con amore nel momento che da sempre viene definito “La Pietà” hai letto la mia disperazione privata e inconsolabile di donna, di madre, umana, che tiene in grembo per l’ultima volta Gesù, figlio umano nella morte, sostenendone il corpo, quasi a cullarlo, l’estremo addio e l’ultimo contatto fisico prima della sepoltura.Le angosce che una madre o un padre possono alleviarti sono infinite, come infinito e inimmaginabile è il vuoto della perdita, forse ancora più forte perché innaturali.
Ed in questo momento siamo calati sulla terra e le nostre disgrazie sono le vostre.
Siamo una donna e un uomo ma con uno scopo più alto: nel momento in cui abbraccio il corpo di mio figlio reclinato, abbandonato, stiamo insieme compiendo il nostro destino e quello dell’umanità.
È servito? Non lo so.
Di quanto dolore il mondo ha ancora bisogno per capire?
Tra le pieghe delle mie vesti nascondo il cuore diviso tra il sacrificio del Figlio e la consapevolezza che solo il perdono è vera forza.
Eppure, percepisco lo strazio e la fatica di ogni passo. Che sia la limitatezza della condizione umana a creare differenze e soprusi?
Bisogna saper guardare oltre i confini e se stessi, oltre l’egoismo delle proprie necessità. Provare pietà intesa come sentimento di commossa e intensa partecipazione e di solidarietà verso i tuoi simili che soffrono. Verso ogni essere vivente che soffre.
La capacità che dovrebbe aprire la testa e il cuore all’immedesimazione dov’è finita? Dov’è finita la necessità di essere diversi, migliori? Dov’è finita la gentilezza, il saper “sentire”?
Dov’è finita l’umanità?
Cercarla nel perdono di ogni madre i cui occhi pieni di lacrime e amore rispecchiano anche i miei è il principio.
Basta poco.
È il serpente schiacciato dai piedi di Cristo morto, una chiara allusione alla redenzione dal peccato originale grazie al Suo sacrificio.
L’opera
Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Pietà | Siena, Museo Diocesano

Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Pietà | Siena, Museo Diocesano