Lettera d’amore al Trittico di Badia a Rofeno
M'ama, non m'ama, Arte, Asciano

M’ama, mon m’ama. Continua la corrispondenza con le opere dei musei senesi. Scrivi anche tu la tua lettera…
Carissimo Michele,
ti amo, anche se non ce la faccio a chiamarti santo. Sono ebreo, e come sai, noi ebrei non parliamo mai di santi. Persone giuste, sì. Santi, no. Chiamarti arcangelo? Ma insomma…
Ti amo però, e non so perché, illuminato come sei dalla fiamma del tuo zelo, sereno nella certezza delle tue convinzioni mentre afferri la spada e annichilisci ogni cosa che ti puzzi d’indegno e d’impuro.
Forse è che mi spingi a ricordare. Guardo te e sento da lontano il ritornello di una poesia enigmatica che mi ha stregato quando l’ho letta una vita fa:
Are you not weary of ardent ways,
Lure of the fallen seraphim?
Tell no more of enchanted days.
Non siete stanchi di modi infuocati,
malia dei serafini caduti?
Smettete di parlare di giorni incantati.
È la villanella che James Joyce attribuisce al protagonista del suo “Dedalus: Ritratto dell’artista da giovane”. Anch’io ero giovane quando l’ho studiata a sedici anni — sì, quell’epoca lì — ma il vero senso della poesia continua a sfuggirmi.
Riecheggia la cantilena di quei versi, e penso a mio padre che mi guardava mentre io, spietato nella ricerca della perfezione, giudicavo tutti. Sorridendo, lui mi diceva, “Bene bene, Mister Moral Angel, ma quando imparerai che un po’ di leggerezza non guasta?”.
Ti amo, Michele, e ti chiedo se prima o poi non ti stancherai di modi infuocati. Ti amo perché sei giovane, sempre sempre. Anch’io, dentro di me. E gli anni mi hanno reso pure più leggero.
Il tuo eterno amico,
Jeff Shapiro
Siena Art Institute
La risposta
L’amore va oltre le sfumature linguistiche dell’intimità religiosa. È l’amore che si riassume nello sguardo di chi rivolge verso l’alto il suo cuore. Per cui amami, e ogni nome sarà il mio.
Mi festeggiano il 29 settembre, vuoi anche tu? Io sono un essere chiamato a governare lo snodo temporale fra la stagione della luce ormai in esaurimento e quella del buio che si sta prospettando. Mi legano al ciclo della natura che finisce e mi collegano alla conclusione della vita. Così, nei secoli, mi hanno dipinto con la bilancia in mano, “quasi” traghettatore delle
anime per pesare i giusti e gli ingiusti.
Ho sempre sentito sulla pelle (quanto hai ragione…) il carico di questa responsabilità. Anche quando il mio “folle e geniale” amico Ambrogio Lorenzetti mi ha ritratto come vedi – con la spada in mano, le vesti al vento – nell’attimo in cui uccido il drago, personificazione del male supremo, in qualsiasi religione. Anche nella tua.
Eh sì, dal “pesare” le anime mi ritrovo raffigurato come il debella del “dragone” Satana, ma anche in questo trascendo il tempo perché i draghi, talvolta, sono i guardiani delle acque, elemento vitale per gli uomini ai quali impediscono di accedervi e sopravvivere. Così mi ritroverai sul tuo cammino in molti luoghi vicino all’acqua. E non pochi luoghi di culto legati alla mia memoria si trovano proprio in prossimità dei corsi d’acqua. Persino in Egitto hanno affidato a me la protezione del Nilo, lo sapevi?
Ecco amico mio, noi non siamo così distanti poiché tu comprendi la mia stanchezza, la mia eterna lotta. E non è forse combattere per ciò in cui si crede l’unico modo giusto di agire? Non credo potrò mai stancarmi di azioni intraprese a tale fine; semmai lo farò, ti verrò a cercare e in quel momento, forse l’unico, vivremo della leggerezza che mi concederò.
Ascolta un fruscio di ali, mio caro amico: una piuma ti accarezzerà l’anima bella che ti è stata data.
With all my love
L’opera
Ambrogio Lorenzetti, Trittico di Badia a Rofeno | Asciano, Museo di Palazzo Corboli