Lettera a Clara
M'ama, non m'ama, Arte, Colle di Val d'Elsa

M’ama, mon m’ama. Continua la corrispondenza con le opere dei musei senesi. Scrivi anche tu la tua lettera…
Ciao Clara,
Ti ho osservata a distanza, in questi mesi, mentre con aria leggermente infastidita evitavi lo sguardo di tutti.
Sola, contro un fondo nero. Tra le mani, una rosa bianca spampanata a dare colore a quest’esistenza fatta di sfumature fosche che è riflessa nei tuoi occhi.
La vediamo lo stesso, Clara. Anche se rivolgi lo sguardo altrove. Anche se reggi quella rosa come un cavaliere brandirebbe una spada: una coperta di Linus? Un’inconscia forma di protezione? Forse più di attacco.
Sei spaventata, Clara.
Cosa cerchi di evitare? Quem fugis? Mene fugis?
Abbassi lo sguardo e mi ricordi una canzone, piccolina ma bellissima, di Lucio Dalla. “Ti ho guardata e per il momento / Non esistono due occhi come i tuoi. / Così neri, così soli che / Se mi guardi ancora e non li muovi / Diventan belli anche i miei”. Chissà se lo sai, s’intitola il brano. Chissà se tu lo sai. Sapevi di essere al centro delle attenzioni di Capocchini, ma non ha nemmeno avuto il tempo di terminare questo tuo ritratto che tu gli eri già scivolata dalle dita. Nemmeno il tempo di concludere quella rosa che usi come arma bellica. La Rosa non finita.
Non ti sei lasciata afferrare. Perché?
Ti sei sentita carne viva? Rischiava di svelare dei lati di te che preferisci nascondere sotto il mantello? Si vede dallo sguardo con cui ha consegnato il tuo viso all’eternità che tu avevi paura.
“Paura di amare” sembra una di quelle definizioni sceme che troveresti in un giornale di gossip tutto consumato nella sala d’aspetto di un medico: eppure potrebbe calzare. O forse, paura di essere amata? Paura che lo sguardo di Capocchini si posasse su qualcosa che temevi l’avrebbe allontanato? O forse, paura di amare te stessa?
Non è vero che non sei abbastanza, Clara. Certo, sei imperfetta, come tutti. Ma non devi dimostrare nulla a nessuno. Nemmeno a te stessa, se non sei tu a volerlo. Sei giusta così, con quel profilo imperioso, quei ricci scomposti e con quella fronte ampia che nasconde mille pensieri. Con le tue paure, con le tue ansietà, con le tue gioie e i tuoi talenti, con i tuoi vizi e con le tue fissazioni.
Vale la pena iniziare a crederci.
Non avere paura di farti vedere per ciò che sei. Perché noi ti vogliamo bene così, e sicuramente dovresti farlo anche tu. Quindi mi correggo: non avere paura di farti vedere per ciò che sei nemmeno da te stessa, anche se dici di conoscerti.
E tu lo sai come sei? Sei sicura?
“Così adesso lo sai”, dice quella canzone che ti canticchiavo prima.
Secondo me, quando avrai afferrato e affermato chi sei non avrai più bisogno di difenderti con una rosa in mano. Forse non avrai nemmeno bisogno del Capocchini di turno ma sarai tu a cercarlo, se lo vorrai.
Non sarà facile e non sarà per sempre, perché cambierai ed evolverai anche tu: dopotutto, è sempre una rosa non finita.
Ma guarda al futuro con sguardo deciso perché se lo merita.
Perché tu te lo meriti.
Così adesso lo sai, per davvero.
Tuo,
Mattia
La risposta
Non guardarmi da lontano, io so bene chi sono e se ti avvicini, lo vedrai anche tu.
Non fuggo l’amore né per lui né per me stessa.
Sono solo stanca perché oramai è l’esistente a essere fuggevole.
Già lontano.
Rifletto.
Perché quando il tuo mondo,
creato attraverso gesti custoditi all’interno di un codice personale,
riconoscibile a tutti, ma impenetrabile nel profondo se non da chi lo ha generato,
si sgretola, niente ha senso se non la colpa.
Ma di chi?
Non certo della pittura tanto cara a me quanto a lui.
Non certo solo le mie inquietudini.
Ma i sentimenti influenzano l’arte. Sempre.
Anche la rabbia e la delusione.
L’immortalità è così a portata di mano…
…
Poi la notte col suo silenzio regolare
quel silenzio che a volte sembra la morte
mi dà il coraggio di parlare
e di dirti tranquillamente
di dirtelo finalmente che ti amo
e che di amarti non smetterò mai
…
E se non potessi essere io a raccontare una storia che non esiste più?
E se non dovessi essere io perché la fine di qualcosa è il lutto dell’anima?
Resterei comunque una “Donna con la rosa”, un quadro incompiuto
che per Bilenchi è diventato “La rosa non finita” e
così quell’amore che c’era
non smetterà d’essere.
L’opera
Ugo Capocchini,La rosa non finita | Colle Val d’Elsa, Museo San Pietro

Ugo Capocchini, La rosa non finita, Colle di Val d’Elsa, Museo San Pietro